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Brasile senza maschere:Intervista all’autore del libro.

Intervista a Diego Corrado autore del libro: “Brasile senza maschere”
http://www.innextbrazil.com.br/

Diego Corrado, avvocato esperto in diritto internazionale, è stato visiting scholar alla Universidade de San Paulo e ha insegnato alla SDA Bocconi. Vive tra Milano e San Paolo dove si occupa di internazionalizzazione delle imprese. Con “Brasile senza maschere”, Diego Corrado, offre un quadro sintetico ma esauriente dei principali aspetti della realtà brasiliana, con un linguaggio chiaro e comprensibile anche ai non specialisti.


D. Cosa ti ha spinto a scrivere “Brasile senza maschere”?

Il Brasile si colloca ormai da anni tra le prime sette economie del mondo, ha immense risorse naturali, una base industriale ampia e diversificata, una popolazione giovane e cosmopolita. Eppure chi non ne ha una conoscenza diretta è spesso vittima di stereotipi e luoghi comuni, che io ho provato a sfatare raccontando la “transizione” brasiliana, le trasformazioni che quel paese ha vissuto negli ultimi decenni.
D. Quella del Brasile negli ultimi venti anni è una storia di successo, basti pensare che negli ultimi 10 anni il tasso di crescita medio del suo PIL è stato vicino al 4%, “Brasile senza maschere” illustra tutto questo attraverso numerose prove della grande trasformazione in atto, ma senza trascurare le contraddizioni e i problemi che questo Paese deve affrontare nel suo affascinante cammino verso e attraverso la modernità nel mondo globalizzato. Cosa ci puoi dire a riguardo?Il Brasile del 2013 è un paese nuovo rispetto al passato, basti pensare che negli ultimi 10-15 anni nuovi per consenso unanime tra i trenta e i quaranta milioni di abitanti sono usciti dalla povertà, andando a ingrossare le fila di una classe media che anche là è finalmente maggioranza della popolazione. Ciò ovviamente non significa che con un colpo di bacchetta magica il paese si sia lasciato dietro per incanto problemi e squilibri radicati da secoli. Il Brasile però costituisce un case-study, in un periodo dove nel resto del mondo cresce la disuguaglianza, è l’unico paese che riesce a coniugare redistribuzione, crescita e democrazia.
D. Abbiamo visto che il libro non si ferma all’economia, il Paese viene illustrato nella sua multiforme specificità: dal travagliato processo di modernizzazione, alla transizione dal regime autoritario alla democrazia, esaminando le eccellenze della sua economia in forte e rapida crescita, la trasformazione dei rapporti sociali, dei consumi e degli stili di vita. Come credi questi elementi incideranno sul Paese nei prossimi 5 anni?Come dicevo i grandi protagonisti del Brasile contemporaneo sono le decine di milioni di cittadini che appartengono alla nuova classe media, figlia delle politiche di Lula e Dilma, certo, ma anche dell’era di Fernando Henrique Cardoso, il loro predecessore. La loro inclusione incide in tutti gli aspetti della vita del paese, dall’economia, alla politica (impossibile il successo elettorale senza il loro consenso), alla religione (vedi l’esplosione dei culti evangelici, che più della chiesa cattolica sanno interpretarne i valori). La sfida che attende il Brasile è riuscire ad accompagnare e consolidare questa inclusione, spostando nei prossimi anni la domanda economica dai consumi agli investimenti, per rendere più competitiva la propria economia, che non può contare all’infinito sul crescere dei consumi interni, come è accaduto negli ultimi anni.
D. I grandi eventi che attendono il Brasile (la visita del Papa che c’è stata a fine luglio, i Mondiali del 2014, le Olimpiadi del 2016, probabilmente l’Expo nel 2020) giungono in un momento chiave, secondo il Paese si farà trovare all’altezza delle aspettative?Il Brasile ha un grande problema di infrastrutture. Sono di ritorno da un lungo soggiorno a San Paolo, e il dibattito pubblico è letteralmente invaso dalla preoccupazione circa l’insufficienza della rete stradale a smaltire il traffico, a fronte di una flotta di auto private che negli ultimi anni è letteralmente esplosa. Ecco, questo focus più di mille analisi ci indica che i colli di bottiglia in Brasile ci sono e sono reali; credo che misure di emergenza potranno garantire il successo dei grandi eventi sportivi, e in questo senso i sistemi di controllo d’avanguardia delle principali città brasiliane saranno di grande aiuto. Ma il problema resta, e richiede scelte anche impopolari, dipenderà dalla politica farle passare.
D. Nei giorni scorsi, fatto inusuale anche per democrazie più consolidate, politici di primo piano ed ex ministri del primo governo Lula hanno iniziato a scontare, in carcere, lunghe pene detentive per lo scandalo del “mensalão”, un esteso schema di corruzione venuto alla luce nel 2005. Ciò significa che la corruzione è strumento abituale di governo?

Sicuramente la corruzione percepita dagli elettori brasiliani negli ultimi due anni, proprio in concomitanza e a causa del processo per il mensalão, le sue ripercussioni e la copertura mediatica di cui questo ha goduto, ha avuto un’impennata. Non c’è da stupirsene, visto che hanno varcato le soglie del carcere, tra gli altri, José Dirceu, José Genoino e Delùbio Soares, tre personalità di primissimo piano degli ultimi 40 anni di storia brasiliana, protagonisti delle lotte contro la dittatura negli anni 70, del processo di ridemocratizzazione negli 80, e dell’ascesa del Partido dos Trabalhadores, al governo del paese dal 2002, prima con i due mandati di Lula, dal 2011 con Dilma Rousseff, che tra un anno cercherà una non scontata riconferma. Ma l’altro lato della medaglia è appunto che la giustizia brasiliana – al netto dell’ovvia, accesissima polemica politica che ha accompagnato ogni fase del processo – è apparsa non guardare in faccia a nessuno, cosa ancora più rimarchevole ove si osservi che nove degli undici membri del Supremo Tribunal Federal, l’organo che ha comminato le pene, sono stati nominati proprio da Lula, il fondatore e leader del Partido dos Trabalhadores le cui fila sono state falcidiate dall’inchiesta. Anche in questo aspetto, insomma, le luci paiono superare le ombre.

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