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Cosa cambia con il nuovo algoritmo di Facebook

Con il 2018 è arrivato anche il nuovo algoritmo di Facebook.

Cambiano le regole. Chi comunica deve adattarsi.

Ormai Facebook, come altri social ,sono diventati indispensabili per la nostra comunicazione, la nostra pubblicità e il nostro marketing.

Ho visto tante persone andare più o meno nel panico per una cosa che in realtà era abbastanza conosciuta e prevedibile dagli addetti ai lavori.

Zuckerberg non ha mai fatto mistero del fatto che la ricerca organica cioè la quantità di percentuale dei fan della mia pagina che possono vedere senza che io paghi i miei contenuti sarebbe più o meno arrivata da zero.

E’ un percorso graduale che negli ultimi  8 anni è passato da un 15 per cento di visibilità organica, significa che su un milione di fan 130 140mila vedevano i miei contenuti, ha una visibilità organica di circa il 5 per cento fino alla visibilità organica di oggi che si attesta tra l’uno e il 3 per cento.

La scelta è più o meno obbligata perché aumenta il numero delle pagine e soprattutto perché il business model di Facebook privilegia comunque quello che è l’advertising.

Non cambierà tantissimo a livello di percezione da parte vostra mentre navigate su Facebook .

Ci saranno i contenuti sponsorizzati dagli amici.

Diventerà sempre più importante che qualcuno condivida il mio contenuto aziendale per fare in modo che io riesca ad avere un po di ricerca quasi organica.

Ci sarà più advertising ma ormai le aziende serie e le agenzia serie già sanno da anni che Facebook è un payed media e quindi che senza quel minimo di sponsorizzazione non si arriva agli utenti.

Cambierà probabilmente la modalità con cui alcuni contenuti che venivano quasi condivisi gratis. Penso principalmente alle testate editoriali che vivono di strilli e che vivono di click day cioè di titoli estremamente pompati spesso non molto vicini alla realtà. In quel caso cambierà abbastanza anche se continuo a sostenere che probabilmente il fatto di essere rilanciati dagli utenti aiuterà  le aziende.

Ci siamo già mossi per creare una rete di opinion maker interni all’azienda quella che viene chiamata normalmente employer branding per fare in modo che un selezionato numero di persone interne all’azienda aiuti l’azienda stessa condividere i propri contenuti utilizzando i profili e non le pagine.

Questo perché perché la visibilità dei profili probabilmente continuerà a migliorare.

In questa configurazione della reputazione personale soprattutto i top manager, diventano delle spot person. Un valore aziendale estremamente importante un valore aziendale su cui si possono fare strategie a lungo termine.

 

 

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